Noujoud Rejbi

In Tunisia una legge contro la violenza sulle donne in realtà esiste. Ed è stata approvata nel 2017 dopo un iter parlamentare accidentato e ostacolato da rinvii che avevano fatto temere un fallimento. Ma la strada è ancora molto lunga: si stima che addirittura una donna su due in Tunisia abbia sofferto qualche forma di violenza. Mentre dati affidabili su forme di violenza grave, come i femminicidi, non sono mai stati pubblicati.

Giornalista franco-tunisina, Noujoud Rejbi negli ultimi due anni ha scelto di occuparsi per il media Inkyfada, una piattaforma di inchiesta online nata dopo la rivoluzione, di questioni di genere. Alla questione dei femminicidi ha dedicato mesi di lavoro, che si sono conclusi con la realizzazione di un podcast “Femmes en sursis - Donne con i giorni contati, dal controllo al femminicidio”, pubblicato dal media indipendente in collaborazione con l’associazione Avvocati Senza Frontiere. Obiettivo: monitorare per un anno la questione dei femminicidi, provando ad elaborare le prime statistiche indipendenti. 

Questo lavoro, ricorda Rejbi, è nato proprio dall’intento di verificare l’effettiva applicazione della legge contro la violenza del 2017 dopo un femminicidio di cui si è parlato molto sui media locali: quello di Refka Cherni, uccisa a colpi di pistola dal marito poliziotto, più volte denunciato dalla donna ai suoi superiori. “A tre anni di distanza, nel 2020, mi sono resa conto che no, questa legge raramente è applicata. Per una vittima di violenza in Tunisia il percorso è tutto in salita: dall’iter della denuncia, all’assicurarsi che il colpevole sia punito, fino all’attesa della decisione del tribunale senza cedere alle pressione da parte della polizia”.

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